scambiarsi le arti

di Costanza Fusi

Anna Castelli, Franco La Cecla, Scambiarsi le arti, Arte e antropologia, Milano, Bompiani, 2022

Arte o antropologia? Se guardiamo bene, entrambe

Più spesso di quanto si creda, arte e antropologia si mescolano, arrivando a scambiarsi i rispettivi ruoli.

In questo saggio a quattro mani, dalla prosa attenta e particolarmenteincuriositadai meccanismi artistici e dal potere che essi esercitano sulla società, il rapporto tra queste due discipline acquista un volto nuovo, e lo fa per la prima volta. Si varca una soglia, si oltrepassa un confine. Si decantano le molteplici e sfaccettate sopravvivenze di un mondo all’interno dell’altro. Il «rincorrersi tra arte e antropologia», che non solo sembrano essere state connesse da sempre, ma che addirittura, così esplorate, rendono taluni loro fenomeni caratterizzanti persino più comprensibili, sciogliendo vari nodi. Il libro è la quintessenza di un vero e proprio cantiere, un progetto ideato dai due autori negli anni (che è divenuto recentemente anche un corso di laurea per l’Università IULM di Milano, alla quale entrambi insegnano), che consiste nel mostrare come la «voglia di comparare mondi», ispirata dall’uso di «strumenti nuovi di ricerca», possa portare stimoli e domande impreviste. E si sa, chi sa porsi buone domande, otterrà probabilmente buone risposte.

Nato dalla collaborazione con la storica dell’arte contemporanea Anna Castelli, il testo è un altro ramo che si va ad innestare sulla già brillante produzione saggistica, sempre magneticamente attratta dalle problematiche della società contemporanea, di Franco La Cecla, antropologo e architetto, del quale ricordiamo Il malinteso. Antropologia dell’incontro (1997), Africa loro (2019), Contro l’architettura (2010) e Contro l’urbanistica (2015). Con una sorta di permanente capovolgimento della prospettiva di indagine, Scambiarsi le arti presenta incontri autentici e inattesi, o forse attesi, sì, ma qui finalmente vissuti. Presenze e assenze, sguardi reali e nascosti dietro le telecamere e gli specchi, idoli viventi e di pietra, performance rituali ed esposizioni museali, che indagano quel «mondo che guarda noi che lo guardiamo» con inedita sensibilità. Il testo si muove tra osservatori neutri (gli antropologi alla Malinowski), che entrano nelle maglie complesse – e dalle quali risulta loro poi impossibile uscire – della partecipazione attiva, estetica, performativa, ed artisti contemporanei che invece, deliberatamente, scelgono di astrarsi per riuscire a cogliere più profondamente alcuni aspetti della loro stessa ricerca artistica.

Nella bibliografia non mancano all’appello i nomi che hanno segnato i più importanti turning points negli studi di antropologia degli ultimi trent’anni, da Alfred Gell a James Clifford, da David Freedberg e Carlo Severi fino allo stesso Michael Taussig, (antropologo australiano e professore alla Columbia University, la cui introduzione impreziosisce il volume creando una fitta rete iniziale di riferimenti che tutto il testo poi, nelle sue varie parti, riprende e approfondisce), dei quali si analizza la produzione più “liminale”, quella che si nutre di intersezioni e congiunzioni cross-disciplinari; ecco appunto, la soglia. E lo stesso vale per i contributi degli artisti, citati come coloro che negli ultimi anni, grazie alle loro pratiche, hanno intaccato volontariamente o involontariamente l’equilibrio che sorregge le teorie antropologiche e che si ritrovano in queste pagine con «una speciale attenzione ai casi, al concreto delle storie, all’aspetto non generalizzabile delle singole culture e geografie.» Scambiarsi le arti è la prova che le storie portano “lontano”, che partire dalle storie (anche e soprattutto quelle più apparentemente sotterranee), cercate, assimilate, destrutturate, riassemblate e poi raccontate sempre con la giusta dose di introspezione e immediatezza linguistica, apre delle porte che non si credeva potessero esistere. Le similarità e differenze tra le culture, che da sempre sono al centro della ricerca di Franco La Cecla ritornano in questo volume, e segnano i confini tra le discipline. Sono sguardi e modi di vedere, tipologie diverse di percezione del mondo, appartenenze a classi di realtà che non si presentano mai – e non dobbiamo dimenticarlo – come solidi blocchi di cemento ma che sono invece fluidi, interscambiabili. Un testo che presenta una insolita delicatezza di analisi, necessaria in questo caso per affrontare anche le più temibili e complesse dinamiche del presente, e che si inserisce in modo trasversale, con un’opera di facile e piacevole lettura ma dalle interessanti ricadute, nei dibattiti museologici attuali. Un’operazione che ribalta e contribuisce a scalfire, quindi, anche “barando” un po’ – bisogna ammetterlo – quelle prospettive unidirezionali e regole monolitiche che hanno guidato, almeno fino a qualche tempo fa, lo sviluppo di alcuni settori del sistema dell’arte contemporanea, da un lato, e dell’antropologia, dall’altro.

Immagine 1: Steven Feld durante una cerimonia Koluba, Bosavi, Nuova Guinea, 1982.
Immagine 2: Shiva che sorveglia il villaggio. Immagine dal volume Priya Mookerjee, Pathway Icon – The Wayside Art of India, Thames and Hudson, 1987.
Immagine 3: Immagine tratta da Michael Taussig, Il mio museo della cocaina. Antropologia della polvere bianca, Milieu, Milano. Foto: Michael Taussig.

A Millepiani, Museo delle Periferie ha ospitato una presentazione del libro Scambiarsi le arti, Arte e antropologia il giorno 21 giugno 2022. Discutono con gli autori Giorgio de Finis e Rosa Jijón. Disponibile al seguente link: https://youtu.be/11Wzsq6YYzQ.