seminari e webinar

Immagini, visioni, imprese

Dipartimento di Scienze della Formazione, dei Beni Culturali e del Turismo dell’Università degli Studi di Macerata | 4 novembre 2019

Il 4 novembre 2019 presso il Dipartimento di Scienze della formazione, dei beni culturali e del turismo dell’Università degli Studi di Macerata ha avuto luogo il seminario, organizzato dal prof. Giuseppe Capriotti nell’ambito del corso di Storia delle Immagini, dal titolo Immagini, Visioni, Imprese, nel quale sono intervenuti la prof.ssa Sonia Maffei (Università di Pisa), il prof. Lauro Magnani (Università di Genova) e il dott. Alessandro Benassi (I Tatti-The Harvard University Center for Italian Renaissance Studies). I relatori sono stati introdotti e coordinati dal prof. Massimiliano Rossi dell’Università del Salento che ha inoltre coordinato la discussione seguita ai tre interventi.

Il filo conduttore che ha legato le tre relazioni è stato il rapporto tra testo e immagine: partendo dall’enciclopedismo iconografico di Cartari aggiornato dall’erudito Lorenzo Pignoria e, analizzando l’efficacia delle immagini nell’esercizio meditativo e nell’esperienza visionaria, contesto in cui si pongono al pari della parola, si è arrivati a discutere il rapporto che lega questi due elementi, caratterizzanti la cultura rinascimentale, nelle imprese e negli emblemi cinquecenteschi.

L’intervento di Sonia Maffei, Mondi interconnessi. Gli dei indiani di Lorenzo Pignoria e l’esotismo seicentesco, ha analizzato il lavoro editoriale di Lorenzo Pignoria nell’edizione del 1615 delle Imagini de i dei de gli Antichi di Vincenzo Cartari, nella quale l’erudito padovano aggiorna con divinità giapponesi, indiane e messicane uno dei più importanti testi mitografici cinquecenteschi. La studiosa ha innanzitutto messo in evidenza la centralità delle immagini; in questa edizione, infatti, Pignoria introduce un elemento nuovo e rivoluzionario: nel redigere il suo commento non si affida solo alle fonti testuali, ma anche a quelle figurative, attribuendo così all’immagine una significativa importanza documentaria e conoscitiva. A contraddistinguere quest’opera è anche il parallelo che l’autore compie tra gli dèi classici e quelli venerati in Oriente e nel Nuovo Mondo, mostrando come queste civiltà extraeuropee non fossero altro che una finestra sul passato, che permetteva all’intellettuale occidentale di osservare una religiosità arcaica simile a quella classica ed egizia. Pignoria, dimostrando il suo pensiero egittocentrico attraverso il confronto iconografico delle diverse divinità prese in esame, considerava proprio la civiltà egiziana il substrato comune di tutte le culture extraeuropee.

Lauro Magnani è intervenuto con una relazione dal titolo Immagine, meditazione, visione, nella quale ha discusso il rapporto che intercorre tra l’immagine figurativa, l’esercizio meditativo e le visioni immaginarie. A partire dal Cinquecento si afferma, come strumento per la meditazione, l’efficacia della trasposizione figurativa di motivi devozionali o di vicende sacre a sostituzione della parola. Nelle immagini sacre infatti i soggetti rappresentati, i loro gesti e la mimica facciale, esprimono afflizione e compassione con lo scopo di coinvolgere l’osservatore in funzione imitativa. L’opera d’arte può arrivare anche a suscitare nello spettatore un atteggiamento di compunzione: l’osservatore, grazie alla maestria con la quale il pittore rappresenta determinati gesti e sguardi, è partecipe del dolore evocato in certe scene, una sofferenza che sente viva nella propria anima. Anche la visione altro non è che un’immagine mentale, la quale viene tradotta prima in parola dal mistico, e successivamente in dipinto o in scultura dall’artista: in entrambi i casi in maniera inadeguata, così come afferma Santa Teresa d’Avila, la quale, pur riconoscendo l’importanza dell’immagine nell’atto meditativo, evidenzia i limiti di quest’ultima al confronto con l’esperienza visionaria.

L’ultima relazione è stata quella di Alessandro Benassi: Poetica e retorica delle imprese nel Cinquecento. Lo studioso, partendo dai Promessi Sposi di Alessandro Manzoni, ha mostrato come l’autore milanese si rifaccia ad alcune massime presenti negli Emblemata di Andrea Alciati per presentare, parodiandoli, determinati concetti. L’opera di Alciati venne pubblicata per la prima volta nel 1531 e già dalla prima edizione molti epigrammi furono accompagnati da illustrazioni, le quali diventarono un elemento imprescindibile nelle edizioni successive. Gli emblemi nell’opera di Alciati sono composti, secondo una ratio tripartita, da titolo, immagine e testo poetico: le illustrazioni hanno in questo contesto un ruolo fondamentale poiché intensificano la relazione che vi è tra codice visivo e codice verbale. Per quanto riguarda l’impresa, Benassi ha analizzato l’opera di Paolo Giovio (Dialogo dell’imprese militari et amorose) nella quale l’autore definisce nelle prime pagine le cinque caratteristiche che determinano la correttezza dell’impresa: un’appropriata corrispondenza tra motto e disegno, un’adeguata comprensibilità in relazione al pubblico a cui è rivolta (non deve essere né troppo chiara né troppo enigmatica), la presenza di un’immagine proporzionata rispetto al concetto che si vuole esprimere, l’assenza di figure umane (aspetto che verrà eliminato successivamente) e infine l’utilizzo per il motto di una lingua diversa rispetto quella del portatore dell’impresa (anche questo aspetto verrà modificato in seguito). Tutti questi elementi che compongono il complesso dialogo che si dipana tra parola e immagine all’interno di un’impresa fanno parte di un sistema che aveva il compito di portare l’osservatore a interrogarsi sul suo significato, in quanto per la comprensione dell’impresa era sempre richiesto un processo di decifrazione.

Maria Luisa Ricci – PhD candidate, UNED Madrid