La collezione Corsini di Roma dalle origini alla donazione allo Stato italiano. Dipinti e sculture

di Cristina Galassi

Enzo Borsellino, La collezione Corsini di Roma dalle origini alla donazione allo Stato italiano. Dipinti e sculture, 2 vv., Roma, Edizioni Efesto, 2017

Due splendidi volumi editi da Efesto, che raccontano, nei dettagli, la storia della collezione Corsini di Roma. Il primo volume, di 783 pagine, analizza la storia della collezione, forma- tasi tra il XVII e il XIX secolo e costituita da dipinti di maestri italiani e stranieri dal XIV al XVIII secolo e da sculture antiche e moderne, parzialmente utilizzate come decorazione interna ed esterna dell’edificio settecentesco e del giardino, che nel 1897 è diventato Orto Botanico di Roma. Il secondo tomo, di 773 pagine, presenta una mole ponderosa di documenti per lo più inediti (inventari, ricevute di pagamento, corrispondenze epistolari, atti notarili), che hanno consentito di ricostruire le origini e lo sviluppo della collezione artisti- ca donata dal principe Tommaso Corsini allo Stato italiano nel 1883 e oggi parte delle Gal- lerie Nazionali Barberini Corsini di Roma. Il libraio Gregorio Roisecco descriveva nel 1750 il bel palazzo, “non men magnifico, e grandioso d’ogni altro palazzo in Roma; tanto più che giunge co’ suoi giardini, e Boschetti fino alla sommità del Gianicolo”, con la “Libreria”, la singolare raccolta di stampe e la “buona Galleria di sceltissimi quadri”. “Visitare la Galleria Corsini di Roma – afferma giustamente Borsellino nell’introduzione (vol. I, p.15) – suscita ancora oggi un insieme di emozioni: stupore, ammirazione, curiosità, godimento estetico, senso del fasto, possesso della bellezza, le stesse che provarono i numerosi viaggiatori, turi- sti e appassionati d’arte che già dal XVIII secolo ebbero modo di conoscere palazzo Corsini e la sua raccolta di dipinti e sculture”. L’opera che qui presentiamo, monumentale nel suo insieme, costituisce il lavoro “di una vita” ed è il frutto di lunghi e appassionati studi dell’autore, che ha al suo attivo una bibliografia sull’argomento più che trentennale, a cominciare dal primo studio sulla figura di Neri Maria Corsini “mecenate e committente” del 1981, seguìto poi dalla monografia, del 1988, dedicata a palazzo Corsini di via della Lungara, vero e proprio gioiello architettonico. Sul- la storia della collezione una prima traccia senza note, ma già con l’indicazione delle fonti inedite allora consultate in vari archivi e biblioteche, era stata pubblicata da Enzo Borsellino nel 1996 (Musei e collezioni a Roma nel XVIII secolo, pp. 9-61). Ora, finalmente, abbiamo un lavoro completo, sistematico e corredato di 415 immagini in bianco e nero e a colori. Purtroppo i due tomi, editi nel 2017, hanno avuto una sfortunata vicenda editoriale determinata da varie ragioni amministrativo-burocratiche e complicate dall’epidemia da Covid 19, per cui sono in distribuzione soltanto dal 2021. A fronte di questa sfortuna, lo studio appassionato e appassionante di Enzo Borsellino ricostruisce, questa volta fortunatamente, una delle storie più affascinanti del collezionismo italiano e forse europeo fino alla donazione allo Stato italiano del 1883 delle opere del Fondo Corsini (606 dipinti, oltre 100 sculture e 67 mobili inventariati). L’acquisizione da parte dello Stato di successivi nuclei di oggetti d’arte di altre importanti famiglie e istituzioni romane (Monte di Pietà, Torlonia, Odescalchi, Colonna di Sciarra, Chigi, Cervinara) nella Galleria Nazionale d’Arte Antica di Roma, istituita nel 1895, fece sì che i quadri e le sculture Corsini diventarono, per circa un secolo, non riconoscibili tra le altre numerose opere delle due sedi museali. Come segnalato dallo stesso Borsellino, tuttavia, la collezione romana fu sempre distinta da quella fiorentina, ancora in possesso della famiglia Corsini. Un elemento che emerge con forza nei due libri è l’imponenza della ricerca archivistica, a iniziare da quella effettuata presso il fondo Corsini ancora di proprietà della famiglia fiorentina, che ha consentito di reperire molte notizie sui collezionisti e sulle acquisizioni delle opere della raccolta romana. Ad apertura del primo volume, attraverso quarantotto tavole a colori, l’autore intende proporre una sintetica “storia visiva” della collezione, in cui, in ordine cronologico crescente a ciascun collezionista seguono rispettivamente le opere più significative raccolte o i documenti inventariali che le ricordano (come i frontespizi degli inventari del 1750, postillato da Giovanni Gaetano Bottari, e della donazione del 1883). Nella prima parte dello studio si affronta il complesso tema della formazione della col- lezione (capitoli I e II) a partire dal XVII secolo, con i nuclei di Ottavio (1588-1641) e Neri senior (1624-1678) e le successive acquisizioni, a volte anche casuali, dovute a una significativa quantità di donazioni ai vari membri della famiglia nel periodo “aureo” della sua storia, corrispondente alla elezione a pontefice di Lorenzo Corsini (1652-1740), col nome di Clemente XII (1730-1740), che, con il cardinale nipote Neri Maria Corsini (1685-1770), fu il principale artefice della raccolta settecentesca. Un importante contributo fu poi dato da Tommaso Corsini senior (1767-1856) (capi- tolo III) che, sul finire del secolo XIX (1799-1800), riuscì a recuperare una parte dei quadri venduti a sua insaputa dai suoi agenti romani durante l’invasione francese a Roma, tra i quali la celebre Madonna col Bambino di Bartolomé Esteban Murillo e la Salomè di Gui- do Reni, descritta da Sir Joshua Reynolds nel 1769 e da molte guide come una Erodiade. Tommaso senior, inoltre, riunì in palazzo Corsini molte opere esistenti nelle altre proprietà romane della famiglia e promosse una impegnativa e onerosa campagna di restauri su molti dipinti della collezione che provvide a vincolare con un fedecommesso nel 1829 per mante- nerla unita dopo la sua morte. Ultima, ma non meno importante figura di collezionista del- la famiglia di cui si ricostruisce il profilo, fu Tommaso Corsini junior (1835-1919), il quale acquistò altre opere, tra cui un nucleo di cosiddetti “primitivi” e donò successivamente la sua collezione allo Stato italiano (capitolo VI). Uno studio a parte (capitolo IV) è stato dedicato alla ricca collezione di sculture (statue, busti, sarcofagi, rilievi, bronzetti, un raro pezzo in avorio, una raffinata porcellana, ecc.), raccolta dai vari membri della famiglia tra XVIII e XIX secolo; mai analizzate prima d’ora nel loro complesso (e di cui alcune attribuite dall’autore per la prima volta, come i due busti dell’Autunno e dell’Inverno di Giovanni Baratta comprati da Lorenzo Corsini nel 1693), esse andarono ad ornare gli ambienti esterni e interni del palazzo e della Galleria del piano nobile, dopo essere state in parte restaurate da Carlo Antonio Napolioni e da Clemente Bianchi tra il 1733 e il 1747 e altre commissionate nel secolo successivo da Tommaso Cor- sini senior a Pietro Tenerani. Un ulteriore capitolo, il quinto, è stato consacrato al tema della “ricezione” della Galleria Corsini tra XVIII e XIX secolo da parte della guidistica romana e della letteratura perie- getica anche straniera. Tra queste, si segnalano le note inedite di Jean-Germaine-Désiré Armengaud nel 1854 e di Giovanni Morelli nel 1874, dalle quali si ha la conferma che la raccolta della Lungara era inserita in tutti i percorsi turistici romani.

Il lavoro analizza, infine (capitolo VI), il munifico dono allo Stato italiano fatto dal principe Tommaso Corsini junior nel 1883, illustrando anche i relativi problemi giuridici e amministrativi conseguenti alla cessione di una collezione vincolata dal fedecommesso e quelli dell’inventariazione delle opere. Nello stesso capitolo si affronta anche il tema di sparizioni, furti e distruzioni e dei depositi esterni che hanno comunque modificato l’aspetto originario della raccolta. Come sottolinea del resto l’autore nell’introduzione (vol. I, p. 16), il ritorno del Fondo Corsini nella sua storica sede alla Lungara è tutt’oggi in corso, con il lento recupero dei quadri ancora in deposito presso istituzioni pubbliche o sedi di rappresentanza italiane ed estere. Segue (capitolo VII) una nota quasi “autobiografica” dell’autore sul vero e proprio (e coraggioso) salvataggio della raccolta Corsini dal rischio, paventato tra il 2006 e il 2010, del suo trasferimento di nuovo a Palazzo Barberini, che avrebbe cancellato un significativo episodio di storia del collezionismo romano e dove, fino agli anni ‘80 del Novecento, come già detto, la raccolta era confusa con il resto dei successivi fondi acquisiti dalla Galleria Nazionale d’Arte Antica (e con molte opere purtroppo nei depositi). In questa parte c’è an- che un’ampia riflessione critica, fondata sulla profonda conoscenza dei numerosi inventari Corsini, sull’allestimento cosiddetto “filologico” del 2009, animato certo dal buon intento di rievocare il carattere e la fisionomia dell’antica collezione privata e che, tuttavia, si è servito di due inventari settecenteschi assai diversi tra loro e che non citano le opere entrate nella collezione tra il 1784 e il 1883. Tutte le opere Corsini donate allo Stato italiano, anche quelle non ancora catalogate dalle soprintendenze di competenza, sono state menzionate dall’autore in un Inventario ragionato alla fine della prima parte (vol. I pp. 643-735), che aggiorna sinteticamente, anche relativamente a 113 opere non inventariate, i dati relativi all’autore, datazione, materiali e tecniche di esecuzione, eventuali restauri storici, bibliografia più recente, esistenza della scheda OA o RA, ubicazione (al 2017), provenienza, prima citazione nelle fonti edite o inedite. Tale Inventario viene definito un contributo “al futuro catalogo della raccolta e dell’apparato decorativo del palazzo Corsini ancora da scrivere” (vol. I, p. 19).

Proprio gli inventari Corsini (58 rintracciati dall’autore, di cui 41 pubblicati integralmente) e gli altri documenti trascritti e riportati nella seconda parte dello studio, costituiscono la base scientifica su cui si fondano le notizie, le asserzioni e le nuove attribuzioni di molte opere, di cui alcune presentate per la prima volta. L’introduzione si conclude (vol. I, p. 19) con la dichiarazione che è in corso un progetto di indicizzazione per autore e per soggetto degli inventari pubblicati, soprattutto di quelli più significativi, indicizzazione che andrebbe a costituire la terza parte del presente studio, la cui realizzazione sarà possibile soltanto con un ulteriore sostegno economico finora non disponibile. Entrando più nel dettaglio delle precisazioni riguardo alla committenza e alle novità attributive, posso segnalare, per esempio, tra le importanti riscoperte, la commissione del mosaico con il doppio ritratto di Clemente XII e di Neri Maria Corsini (tav. 16) e della nuova attribuzione a Giacomo Zoboli della tela preparatoria per il mosaico (fig. 149), tradizionalmente assegnata ad Agostino Masucci. Invece, riguardo al Ritratto di Neri senior (tav. 4), di cui esiste una replica ricavata da un prototipo disperso di “quando era studente” attribuito a Justus Sustermans nella collezione Corsini di Firenze, una incisione di V. Guigou da un disegno di Giovan Battista Gaulli e l’analisi degli inventari Corsini, hanno suggerito all’autore di attribuire entrambi i ritratti di Firenze e di Roma al Baciccia (vol. I, pp. 81-84). Altre significative notazioni riguardano la storia della collezione. Nel 1799, in epoca napoleonica, un gruppo di quadri, tra questi un Autoritratto di Rembrandt, furono svenduti al mercante romano Luigi Mirri e da lui in parte rivenduti a famosi mercanti stranie- ri come William Young Ottley e William Buchanan (vol. I, pp. 202-225). Particolarmente degna di interesse è l’arringa di difesa del mercante Mirri riprodotta integralmente (vol. II, pp. 67-77) che, su fondati princìpi giuridici, riuscì a convincere il giudice della validità del contratto di vendita (Tommaso Corsini senior si era rivolto al tribunale civile per avere la restituzione, senza esborso di denaro, dei quadri ancora in possesso di Mirri, ritenendo il contratto di vendita nullo perché non firmato da lui). Il principe fu costretto allora a ricomprare a caro prezzo quelli che erano rimasti nelle mani del mercante. Tra essi, come abbiamo ricordato, c’erano la Madonna col Bambino di Murillo e la Salomè di Guido Reni. Gli atti relativi alla imposizione del vincolo fedecommissario e della donazione del 1829 di Tommaso senior al figlio Andrea Corsini della collezione artistica nonché dei libri della altrettanto famosa Biblioteca Corsiniana, atti conservati presso l’Archivio di Stato di Roma, hanno rivelato, inoltre, che, ad esaminare le opere della raccolta per valutarne la qualità, furono interpellati eminenti studiosi e artisti quali Angelo Maj, Luigi Maria Rezzi, Vincen- zo Camuccini, Bertel Thorvaldsen, Antonio D’Este, Giuseppe Valadier, Antonio Nibby, Agostino Tofanelli, Filippo Aurelio Visconti Allo stesso modo, nel 1877, una nuova com- missione “governativa” fu chiamata a valutare la collezione Corsini, confermando il valore intrinseco della raccolta d’arte: ed erano Pietro Ercole Visconti, Guglielmo De Sanctis, Giulio Monteverde e probabilmente Domenico Jannetti. L’inventario che ne derivò costituì la base per l’inventario della donazione della Galleria Corsini allo Stato italiano nel 1883. Anche gli inventari inediti del 1829 e del 1877 sono stati pubblicati a corredo di queste trattazioni (vol. II, pp. 509-532; 658-695). Altri dati, importantissimi, che emergono dai documenti, sono relativi ai protagonisti delle numerose campagne di restauro delle opere nel XVIII e XIX secolo, compreso il rifacimento delle cornici: così per il XVIII secolo, emergono le figure di Domenico Michelini e del suo allievo Giovanni Principe per i dipinti, di Carlo Antonio Napolioni e Clemente Bianchi per le sculture; per il XIX secolo, quelle di Gaspare Landi, Tommaso Minardi, Pie- tro Palmaroli, Francesco Gagliardi, Pietro Gagliardi, Giovanni Battista Beretta per i dipinti e dello spagnolo Vincent Aparicio per le sculture. I restauri determinarono anche la riscoperta di molti quadri del secondo piano del palazzo fino a quel momento poco considerati e trasferiti nella Galleria del primo piano. Ma Gaspare Landi e Tommaso Minardi furono anche i curatori degli allestimenti dei dipinti e Pietro Tenerani il referente per la sistema- zione museografia delle sculture. Un altro interessante documento rintracciato nell’archivio Corsini rivela la presenza nella Galleria, tra il 1841 e il 1854, di numerosi copisti anche stranieri autorizzati ad eseguire copie dai quadri più noti della raccolta. Prova, anche questa, dell’interesse e della fama dei dipinti Corsini. Riguardo infine al Trono Corsini, uno degli oggetti più affascinanti e problematici della collezione, rinvenuto tra il 1732 e il 1734 durante gli scavi effettuati per realizzare le fondamenta della cappella della famiglia nella basilica di San Giovanni in Laterano, l’autore, oltre a ricostruire nei particolari gli eventi del ritrovamento del 1732 e del restauro operato da Carlo Antonio Napolioni nel 1733, mette in risalto la considerazione del reperto presso i suoi proprietari, che lo esposero sempre nella terza sala (la Galleria del Cardinale) fino a quando esso fu sostituito col ritratto in marmo di Pio IX che vi rimase fino alla donazione, come si evince dalla fotografia di Ludovico Tuminello del 1883 che è pubblicata sulla copertina dei due volumi. Insomma, un’opera monumentale, della quale bisogna fare un grande plauso all’autore che, non solo ha messo insieme in questo volume documenti e considerazioni che serviranno anche per futuri studi e per la restituzione della facies originaria della raccolta, ma ha anche intrecciato, come è sua consuetudine, le competenze dello storico dell’arte con l’impegno civile, a favore della conservazione del patrimonio storico artistico e, in particolare, del lascito della famiglia Corsini per le generazioni future.