Feuilles de mémoire: Un carnet de dessins florentins du Musée du Louvre; De l’Académie du dessin à Filippo Baldinucci

di Elena Vaiani

Jacqueline Lalande Biscontin, con contributi di Catherine Monbeig Goguel e Ariane de la Chappelle, Feuilles de mémoire: Un carnet de dessins florentins du Musée du Louvre; De l’Académie du dessin à Filippo Baldinucci, Cyriacus: Studien zur Rezeption der Antike 7, Wiesbaden, Franz Philipp Rutzen, Verlag, 2015

Il Département des Arts Graphiques del Musée du Louvre conserva un taccuino costituito da 59 fogli, in gran parte utilizzati anche sul verso, per un totale di 100 disegni, che recano i numeri di inventario 954-1011. Il taccuino, di grande interesse e dal contenuto estremamente complesso, porta il nome del suo collezionista, il fiorentino Filippo Baldinucci (1624-1697), che acquisì i disegni attorno al 1690. Baldinucci risistemò il taccuino per inserirlo nel primo dei quattro album in cui era organizzata la sua raccolta grafica; in una nota manoscritta, verosimilmente sua, sul primo foglio, indica in Pontormo l’autore dei disegni. L’intera collezione, dopo essere stata ininterrottamente proprietà dei suoi eredi, giunse al Musée Napoléon nel 1806 e da qui al Louvre.

Il taccuino è stato ora pubblicato e catalogato nel libro Feuilles de mémoire, che affronta questo materiale dando ragione, sin dalla struttura del libro, dell’estrema complessità del materiale. Il catalogo è  composto da una prima parte introduttiva, che affronta sostanzialmente il contenuto, la datazione, la tradizione del taccuino, a cura di Jacqueline Biscontin, che è autrice anche delle schede di catalogo che seguono. Dopo di esse, un contributo di Catherine Monbeig Goguel, dedicato all’attribuzione dei disegni, e infine un ultimo scritto di Ariane de la Chapelle, che si è occupata degli aspetti materiali (carta, filigrane etc.) dei fogli e sottolinea i vari smembramenti e ricomposizioni del taccuino.

In un’ottica di tradizione grafica, di fortuna di motivi e forme, il pazientissimo lavoro di rintracciare le coordinate culturali e temporali del taccuino, i suoi possibili modelli sia come raccolta intera, sia come singoli fogli, le ragioni, spesso complesse, della (com)presenza di tematiche tipicamente antiquarie e di motivi rinascimentali in una raccolta che presenta forti elementi di omogeneità, rappresentano a parere di chi scrive l’aspetto più rilevante del catalogo.

Il taccuino infatti contiene interamente copie e vi si alternano immagini di tripodi, elmi, capitelli, arredi, fregi decorativi antichi e rinascimentali, candelabri, architetture e vasi, il gruppo di disegni più numeroso. I riferimenti culturali principali sono le città di Siena, Roma e Firenze e in particolare l’Accademia del disegno di Giorgio Vasari e Vincenzo Borghini; è stato composto nella seconda metà del Cinquecento, con un terminus ante fissato al 1589. Un corpus da consultare da esperti, più che un taccuino di lavoro privato, un repertorio documentato di forme. Il contesto e la datazione suggeriscono immediatamente una fittissima rete di fonti e modelli, che Jacqueline Biscontin ricostruisce in modo impeccabile, verificando le varie occorrenze degli oggetti in altri taccuini contemporanei. Tra di essi, scalati cronologicamente, il codex Zichy di Budapest, l’Escurialensis, il codice barberiniano di Giuliano da Sangallo e, a Berlino, quello di Marten Van Heemskerk.

Particolarmente interessante, nell’intreccio tra antico e moderno, tra contenuto dell’album e tradizione grafica, il caso dei vasi. L’album contiene 55 disegni di vasi, un corpus che rivela un interesse eccezionale, costruito attraverso una fitta rete di modelli. Vasi antichi celebri (come il vaso Torlonia) sono affiancati da altri oggi non rintracciati e/o moderni, in un intento enciclopedico che, a quest’altezza cronologica, pare orientato verso il repertorio di motivi e forme, più che ad uno studio di nomenclatura e archeologico, come sarà per Nicolas-Fabri de Peiresc, nei cui album non a caso ritornano molte delle figure del codice Baldinucci. Un precedente importante, che vale anche per la sezione sui tripodi, che indica come l’ambiente fiorentino-romano tardocinquecentesco abbia avuto un valore fondante per lo sviluppo degli interessi antiquari e artistici successivi. Inoltre, il codice Baldinucci è un altro testimone di una decina di vasi contenuti nell’album Antichità Diverse del Museo Cartaceo di Cassiano dal Pozzo, colpevolmente non citato dalla critica a partire dal catalogo dell’album di Lille di Raffaello da Montelupo (Lemerle 1997) – ritenuto modello dei fogli Dal Pozzo – fino al recente catalogo dell’album di Windsor (Vaiani 2016).

Un secondo aspetto di grande interesse riguarda prima di tutto l’attribuzione dei disegni a Pontormo, dovuta come detto allo stesso Baldinucci, che ha resistito quasi tre secoli nella letteratura critica. A partire dall’ Inventaire général des dessins italiens (Monbeig Goguel 1972) è invece apparso chiaro come non fosse più sostenibile una paternità del maestro fiorentino. In secondo luogo, la varietà di stile dei disegni ha fatto discutere sulla presenza di più mani nel taccuino: tuttavia, si propende per un solo artista (seguendo, in questo, Baldinucci), abile non solo nella copia di soggetti ma anche dello stile dei suoi modelli. A partire da ciò, il catalogo offre una nuova attribuzione del taccuino: fondata sul disegno preparatorio, conservato al Louvre, per l’affresco Il martirio dei diecimila nella chiesa di San Desiderio di Pistoia, opera del pittore Sebastiano Vini, nativo di Verona ma attivo soprattutto in Toscana (con un passaggio però anche a Mantova) nella seconda metà del Cinquecento, di cui sono provati i contatti con Vasari e Borghini. Nel disegno (ma non nell’affresco) sono visibili dei motivi decorativi che ornavano il basamento, che presentano, secondo Monbeig Goguel, grandi affinità con lo stile dell’autore del taccuino Baldinucci.

Una così grande complessità di materiale chiaramente può esporre a qualche, inevitabile, imprecisione e perplessità. Appare abbastanza discutibile l’interpretazione secondo cui le ‘note’ di Pontormo, menzionate da Baldinucci, possano essere fogli staccati e dispersi (p. 7); è più ‘economico’ pensare che si tratti delle stesse note di scrittura presenti accanto agli oggetti (‘in alcuni di essi disegni’) sui fogli del taccuino arrivato sino a noi. Nel merito delle schede, la traduzione di ‘Diis Manibus’ (inv. 956, p. 85) è imprecisa (‘par les mânes des dieux’): si tratta degli dei Mani. La citazione degli album del Museo Cartaceo non è sempre precisa: Nettuno e Antichità Diverse sono due album distinti e a quest’ultimo appartengono i disegni 10293-4, 10295, 10297 (a p. 451 e altrove attribuiti all’altro album). E rispetto ai vasi che si ritrovano in Antichità Diverse (inv. 994v, 995, 997, 999) si ravvisa forse un’eccessiva fiducia nell’autenticità dei vasi ‘etruschi’, disegni che paiono non immuni da interventi fantasiosi degli artisti. Infine, nella ‘costruzione’ del libro, la discussione dell’attribuzione poteva essere anteposta, dato che nel saggio della Biscontin il nome di Vini non appare praticamente mai (perché il saggio sull’attribuzione è alla fine del catalogo) e forse sarebbe stato meglio integrare l’informazione nel quadro della ricca ricostruzione del contesto fiorentino di quel saggio.

Nessuna osservazione puntuale può comunque in alcun modo sminuire l’enorme merito di questo lavoro eccellente a più livelli, che suscita ulteriore considerazioni. La prima di metodo: dal lavoro emerge con forza lo straordinario valore della tradizione grafica e culturale nella comprensione di raccolte di questo tipo. Più ancora dell’analisi dei singoli disegni, se possibile, è rilevante il lavoro di identificazione di fonti e tangenze, che fa sì che cataloghi di questo tipo siano non solo utili per la comprensione del materiale affrontato, ma diventino cruciali per l’analisi anche di tutte le altre voci citate (taccuini, documenti, testi, etc.) e delle modalità in cui le forme, la cultura, i saperi si trasmettono (contatti tra artisti ed eruditi, istituzioni come le accademie, canali come i carteggi). La seconda, conseguente, di forma (il catalogo di per sé): opere di questo genere riaffermano con forza la centralità di ricerche di respiro così ampio, il cui esito finale non può che essere una pubblicazione a stampa. Nell’epoca delle risorse on-line, assolutamente imprescindibili e meritevoli, la lettura di un catalogo fa comprendere quale rischio possa essere fermarsi alle ottime e documentate informazioni di schede di databases: si perdono trame, legami, narrazioni difficilmente rappresentabili online. E  dell’imprescindibilità dello strumento-catalogo, questo libro è ulteriore ed eccellente esempio.

Monbeig Goguel 1972: C. Monbeig Goguel, Musée du Louvre, Cabinet des dessins. Inventaire général des dessins italiens. I. Vasari et son temps, Paris 1972.

Lemerle 1997: F. Lemerle, ‘Livre de dessins de Michel-Ange’, in Catalogue des dessins italiens. Collection du Palais des Beaux-Arts de Lille, a cura di B. Brejon de Lavergnée, Paris/Lille 1997, pp. 283-9.

Vaiani 2016: E. Vaiani, The Paper Museum of Cassiano dal Pozzo: A/V: The Antichità Diverse album, London 2016